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L’obiettivo è un pesante fardello o un necessario carburante?

Pepe Reina, portiere del Napoli, GAZZETTA DELLO SPORT 12/10/2016

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Per ragionare su questo quesito GENIUS COACH ha chiesto un parere al Mental Coach Professionista Moreno Marchesini.

“Ecco un esempio di come l’obiettivo possa essere schiacciante per qualcuno ed invece costituire un carburante indispensabile alla performance vincente di un altro atleta. Quel che è sicuro è che l’allenatore si trova davanti ad un grande e stimolante compito: quello di calibrare bene un obiettivo così che possa essere “veramente performante” per il singolo e per la squadra. ”

L’individuazione e la costruzione di un obiettivo stagionale è uno dei temi che verranno trattati il 31 ottobre nel corso della Full Immersion -Nella “Testa” di ogni atleta” !

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Chiediamolo al… MISTER

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Fabio Lopez è un allenatore italiano che dal 2006 ha intrapreso una carriera professionistica fuori dai confini nazionali, un’esperienza unica che lo ha portato a confrontarsi con culture calcistiche e popolazioni molto diverse tra loro.

CT della Nazionale del Bangladesh con la quale ha partecipato alle Qualificazioni Mondiali, Allenatore nella massima serie di Lituania, Malaysia, Indonesia, Maldive, in tutte le sue esperienze è riuscito ad imporsi con grande professionalità ed ha ottenuto dovunque ottimi risultati.

Ha accettato con grande gentilezza la richiesta di rispondere a tre nostre domande.

Alla luce delle tue diverse esperienze estere, quali ritieni essere gli aspetti principali che un allenatore deve considerare per svolgere al meglio il suo lavoro ?

Difficile poter rispondere in modo sintetico a questa domanda. Sono certo che una dote indispensabile per affrontare determinate situazioni, parlo soprattutto di paesi extraeuropei, è una grande capacità di adattamento che consenta di adeguarti velocemente alla cultura differente e alle esigenze societarie. Chi è abituato al grado di professionalità del nostro calcio deve sapere che si troverà spesso a lavorare ad un livello molto inferiore. In particolare, ho più volte dovuto constatare la mancanza di rispetto dei ruoli, le gerarchie non sono ben definite e succede che i rapporti tra societàgiocatori e società-mister non siano quelli auspicabili. Spesso in questi paesi l’allenatore viene considerato un mero esecutore di ordini sul campo e questo fa si che sia difficile farsi apprezzare, farsi conoscere e far conoscere il nostro vero ruolo. E’ questo il motivo principale delle frequenti rescissioni di contratto che riguardano soprattutto noi allenatori provenienti dal calcio europeo. Nella maggior parte dei casi i club tendono ad avere un atteggiamento da padre padrone nei confronti dei giocatori, dimenticando che noi alleniamo degli atleti e non delle macchine e questo a mio parere è fonte di risultati negativi. Per poter lavorare in questi contesti bisogna adattarsi ma essere forti caratterialmente.

Entrando più nello specifico sul campo, che tipo di lavoro hai svolto nel corso degli anni?

Ho guidato spesso club di livello calcistico medio alto, pur non avendo mai allenato squadre attrezzate per la vittoria del campionato. Dal punto di vista metodologico, in sintesi posso dire che il 75-80 % del lavoro è svolto con la palla, spesso sin dal riscaldamento. Non disdegno comunque il lavoro atletico a secco, in determinati momenti della stagione. Tatticamente amo avere giocatori adattabili in più ruoli, è una convinzione che mi porto dietro da tanti anni e che sostengo con forza. Per fare un esempio pratico, già anni fa ero convinto che giocatori come De Rossi potessero giocare sia nella zona centrale del campo sia più indietro nel ruolo di difensore centrale. I fatti mi hanno dato ragione…allo stesso modo penso che tanti famosi esterni d’attacco possono giocare anche nel ruolo di difensore esterno. Nella tattica in fase di non possesso palla ritengo fondamentale lavorare sulla chiusura delle linee di passaggio, forzando la squadra avversaria a giocare palla nelle zone da me preferite e da loro deboli: esercitare quindi un pressing ad invito, anche alto, con l’obiettivo di indirizzare l’avversario forzandone le aree di gioco per ridurre spazi e tempi di giocata, allo scopo di facilitare il recupero palla e la transizione positiva.

L’Idea di gioco è sempre modificabile, molto dipende dalle qualità individuali, certo ritengo fondamentale NON PRENDERE GOAL quindi lavoro molto e costantemente nella fase di non possesso. Il lavoro sulla fase offensiva parte dalla costruzione dell’azione e dai principi di occupazione dello spazio dei giocatori, poi è giusto lasciare spazio alla fantasia dei singoli.

Cosa pensi e che esperienza hai riguardo alla Analisi Video?

Considero il supporto del videoanalista tattico sicuramente importante per il buon funzionamento della squadra, al pari degli altri componenti dello staff; tutti utili ma nessuno determinante di per sé. E’ la somma di questi fattori, coordinata dalla figura del mister, che determina la bontà del lavoro. Sicuramente è importante poter disporre di dati che riguardano sia la squadra avversaria ma anche la nostra, poiché ti permette di individuare determinati problemi sui quali andare a lavorare sul campo.

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Presunzione o Consapevolezza dei propri mezzi?

Paul Pogba, Corriere dello sport – Stadio, 10-06-2016

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Un’analisi superficiale dell’intervista di Pogba porterebbe facilmente a pensare che siamo in presenza di un calciatore presuntuoso. Ma è realmente così? Il Mental Coach Moreno Marchesini dà a Genius Coach una chiave di lettura diversa, incentrata su principi di comunicazione ed allenamento mentale.

“Pogba sa chi vuole essere, ha una visione del giocatore che sarà e lo comunica in questa intervista, prima di tutto a sé stesso.  Avendo ben chiara dentro di sé questa immagine, il giocatore è in grado di mettere in atto tutte le strategie che servono per raggiungere quell’obiettivo. Ben diverso sarebbe stato se lui avesse detto di sentirsi già il numero uno, di ritenersi superiore agli altri. Non possiamo quindi parlare di presunzione; parliamo di alta autostima, non sentirsi inferiore a nessuno permette di lavorare ogni giorno per diventare il numero uno!

So chi sono, so chi voglio diventare e so cosa serve per arrivare ad esserlo. La presunzione è un’altra cosa.  Alta autostima, indispensabile a chiunque nel proprio mestiere, per arrivare a raggiungere il modello desiderato. Pogba punta a Pelè e a Maradona perché ha forte consapevolezza dei propri mezzi;  quanto di buono ha già realizzato lo rende sempre orgoglioso ma lui si propone di essere ancora più forte in futuro.

Pogba parla da leader, ha una mission in testa, un obiettivo chiaro e sa cosa serve per raggiungerlo: lavorare ancora più duro degli altri, dedicare tempo aggiuntivo all’allenamento, tentare la giocata più difficile sapendo che gli ostacoli, una volta superati, lo renderanno un calciatore più forte. Dichiarare quello che vogliamo è fondamentale, è il primo pilastro per costruire la nostra identità.”

Chiediamolo al…BLOGGER

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LUCA BERTOLINI è Allenatore UEFA B, autore del sito lucamistercalcio.com, collaboratore del portale Allfootball ed ha inoltre pubblicato il libro “ONE SETUP TRAINING SYSTEM”. Dirigerà il Modulo di ORGANIZZAZIONE DELL’ALLENAMENTO all’interno di GENIUS COACH LAB.  Ha risposto con generosità a tre domande di GENIUS COACH ed è a disposizione di tutti gli utenti che volessero approfondire i quesiti posti, scrivendo a geniuscoach2016@gmail.com

Hai recentemente pubblicato un libro per WORLD CLASS COACHING, portale statunitense che dal 1998 ospita i contributi di allenatori provenienti da oltre settanta paesi. Quali tematiche affronti ?

Nel libro “One Setup Training System” il mio intento era quello di rivolgermi agli allenatori dilettanti, quelli che arrivano al campo reduci dal lavoro, quelli che non hanno spesso a disposizione spazi e strutture adeguate, ciò nonostante vogliono proporre alla squadra una seduta efficace e divertente. Ho provato quindi a pensare ad un modo di lavorare, non pretendo di chiamarlo metodologia, che potesse essere utile, basato sull’ottimizzazione degli spazi e dei tempi dell’allenamento. Nel libro ho raccolto una serie di 20 sedute di allenamento, sviluppate su una metà campo, per una squadra di 20 giocatori di cui 2 portieri e su forme geometriche che, secondo me, richiamano gli sviluppi del gioco del calcio.

Triangoli e quadrati per lavorare su trasmissioni, ricezioni ed interscambi di posizione dei giocatori, rettangoli per lavorare su profondità ed ampiezza e sedute atletiche che prevedono sempre l’utilizzo del pallone. Il vantaggio di queste sedute è che la struttura di base è sempre la stessa, dal riscaldamento alle partite a tema finali.

Il tuo blog lucamistercalcio.com sta avendo un ottimo successo visto le 300.000 visualizzazioni totali in un anno e mezzo di attività: ce lo presenti?

Quando ho deciso di iniziare questa esperienza, su consiglio della mia compagna, nel Dicembre 2014, ho voluto creare un blog che contenesse proposte trasversali alle varie categorie del settore giovanile e che potessero essere utilizzabili anche nelle prime squadre. Come spiego nella pagina di presentazione, non è tanto importante l’esercitazione in sè, quando parliamo di tecnica individuale, applicata o tattica individuale, quanto gli obiettivi che le sottendono e le richieste che facciamo ai nostri giocatori. Il mio obiettivo è quello di proporre spunti agli allenatori che vedono le mie esercitazioni, in modo che siano poi loro stessi a metterle in pratica con le loro idee. A volte, durante l’elaborazione grafica, capita che quello che diventerà un articolo, il risultato finale dell’esercitazione, è differente da quel che inizialmente avevo pensato; ma va bene così e ripeto, mi piace l’idea che siano gli altri allenatori a capire cosa allena e come allena una data proposta. Questa verrà poi adattata sul campo in base alle proprie idee.

 Cosa proporrai agli allenatori che parteciperanno al prossimo GENIUS COACH LAB?

Vorrei partire da una delle sedute di allenamento che ho inserito nel libro per introdurre e condividere con gli allenatori questo mio modo di organizzare l’allenamento. Penso che parlarne insieme, lavorando su aspetti pratici quali l’ottimizzazione degli spazi e di tempi di svolgimento possa essere occasione di crescita per tutti noi. Vorrei condividere con gli allenatori presenti la fortuna che ho avuto nel poter perseguire un contatto così particolare come quello che ho avuto con l’editore americano per cui ho scritto il libro. Credo che alcune delle sedute più interessanti siano quelle che prevedono la divisione della metà campo in 3 rettangoli, cosa che non si trova molto spesso, in cui i giocatori possono liberamente muoversi, prestando attenzione agli interscambi negli spazi delimitati. In questo modo, transizioni, coperture preventive ed equilibrio vengono allenati contemporaneamente.

Chiediamolo al… MISTER

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Conosciamo meglio mister STEFANO ESPOSITO, Allenatore Professionista UEFA A, che dirigerà il Modulo di TECNICA E TATTICA CALCISTICA all’interno di GENIUS COACH LAB. Esposito è stato nelle ultime due stagioni Allenatore in Seconda in LEGA PRO (Tuttocuoio e Pistoiese); in precedenza ha allenato 2 anni in serie D il Giorgione dopo avere ottenuto la promozione dall’Eccellenza. Proviene da una lunga e fruttuosa gavetta nei settori giovanili: Professionistici di Padova, Cittadella e Castel San Pietro; Dilettantistici alla Fortitudo e al Progresso. E’ stato collaboratore per la rivista “Il Nuovo Calcio” e relatore in numerosi convegni fra cui lo Stage nazionale di aggiornamento AIAC di Sportilia.

Ha risposto con generosità a tre domande di GENIUS COACH ed è a disposizione di tutti gli utenti che volessero approfondire i quesiti posti, scrivendo a geniuscoach2016@gmail.com

Ci racconti la tua esperienza in Lega Pro al fianco di mister Alvini?

L’esperienza con mister Alvini è nata per caso sui banchi del Corso Uefa A a Coverciano dove ci siamo conosciuti e fin da subito “studiati”, rimanendo incuriositi reciprocamente riguardo le nostre metodiche di allenamento piuttosto diverse ma, cosa fondamentale, complementari e indirizzate verso un’idea di calcio affine. Così tre anni fa Alvini si è persuaso a chiedermi se poteva interessarmi un’esperienza da staff in Lega Pro con lui ed io ho accettato. Ho inteso questa opportunità soprattutto come sfida con me stesso: avevo la possibilità di confrontarmi con una prima squadra a livello Professionistico, conoscerne meglio le dinamiche e infine vedere se le mie competenze a livello calcistico e psicologico potevano esserne adeguate. Dopo questi 2 anni e mezzo devo dire che è stata un’esperienza davvero interessante sotto tutti i punti di vista. Per quel che riguarda il campo, ad esempio, avevo responsabilità dirette nella metodologia degli allenamenti (gestione di esercitazioni tecniche/situazionali e partite a tema, improntate ogni settimana sulla partita successiva) e nello studio, con relative proposte pratiche, dei calci piazzati a favore e contro.

Mi sono poi spesso occupato, in affiancamento all’analista, della visione delle ultime (4/5) partite degli avversari e della successiva preparazione di relazione e video da portare alla squadra. Il confronto continuo dal punto di vista tattico è stato fruttuoso e stimolante, anche perchè Alvini è un innamorato maniacale di questo aspetto e davvero vi eccelle.

Anche nel momento della partita si lavorava nei minimi dettagli, curando ogni aspetto collettivo ed individuale, sia dal punto di vista tattico che psicologico. Infine, fuori dal campo supportavo il mister nella gestione dello spogliatoio, soprattutto nei rapporti col singolo calciatore. Ripensando a questi anni credo sinceramente di essere riuscito ad entrare al meglio, e con profitto per il nostro lavoro comune, in un ruolo per me nuovo ed inedito, con meno responsabilità di quelle che sono sempre stato abituato a fronteggiare da primo allenatore ma non per questo meno interessante e fonte di crescita.

Alla luce della tua lunga esperienza nel settore giovanile, qual è il tuo giudizio sulla situazione attuale?

Sinceramente penso che il livello dei giovani che arrivano in prima squadra si è abbassato e chiaramente questo determina  un fenomeno a cascata: in serie A e B arrivano i migliori ma in pochi trovano spazio quindi spesso preferiscono o sono costretti ad accettare la Lega Pro per testarsi con gli adulti da protagonisti. Solo chi dimostra di avere le qualità e la testa necessaria riesce a giocare con continuità. Purtroppo nei dilettanti vanno gli altri, soprattutto perchè necessari come fuori quota più che altro, finendo spesso per non giocare appena passano di età. Per fortuna che ogni anno succede ancora che qualcuno riesce ad emergere dai dilettanti, o per una maturazione ritardata o perchè nei Prof hanno errato le valutazioni. Diverso invece il discorso per i ragazzi africani che appaiono dal nulla ma con grandi motivazioni e a volte anche qualità spesso fisiche, riuscendo così a bruciare le tappe. Io comunque continuo ad essere dell’idea che bisognerebbe investire e credere di più nei giovani e in squadre giovani, sebbene anche se constato che la voglia di lavorare duro e soffrire è sempre più un bene raro…e senza queste qualità difficilmente si riesce ad emergere.

Quali sono le differenze principali che hai potuto vedere passando ad allenare adulti professionisti rispetto a dilettanti di eccellenza e serie D?

Innanzitutto mi sembra di poter dire, alla luce delle tante partite viste fra Lega Pro e Serie D (soprattutto Toscana, Emilia Romagna e Veneto), che il divario tra Prof e Dilettanti è aumentato: forse ha inciso la scomparsa della Lega Pro 2.

E’ quasi scontato affermare che fare il calciatore a tempo pieno determina una differenza sia a livello comportamentale che mentale. Non è detto che questo aspetto renda il lavoro dell’allenatore più facile però è chiaro che la gestione dei tempi e degli allenamenti è sicuramente migliore e questo ti permette di pretendere dai giocatori sempre il massimo in ogni momento ed aspetto. Questo fa la differenza!

Chiaro che poi ci sono altri fattori da considerare quali il diverso tasso di qualità dei giocatori o la possibilità di allenarsi in strutture adeguate. C’è una regola non scritta che vale sempre: come ti alleni si vede in campo, sia a livello di squadra sia a maggior ragione individuale. E a questo proposito faccio un’osservazione trasversale a prof e dilettanti, adulti e giovani: noto che in allenamento c’è sempre meno voglia di pensare, per assurdo parecchi giocatori preferiscono correre  piuttosto che affrontare esercitazioni più impegnative a livello cognitivo. Mi farebbe piacere confrontarmi a tal proposito durante il GENIUS COACH LAB con gli allenatori e relatori che interverranno: si dice sempre che la differenza in partita la fanno le qualità tecniche e temperamentali sia individuali che collettive ma non pensate che possa essere determinante la capacità di sapere ragionare e scegliere?

Chiediamolo al… MENTAL COACH

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Moreno Marchesini è Mental Coach professionista dal 2013. Allenatore abilitato UEFA B, da più di dieci anni ha guidato e guida squadre di settore giovanile e prime squadre in Emilia. Ha risposto con generosità a tre domande di GENIUS COACH sull’ ALLENAMENTO MENTALE. E’ a disposizione di tutti gli utenti che volessero porre quesiti sull’argomento, scrivendo a geniuscoach2016@gmail.com

Ritieni che la componente Psicologica venga adeguatamente allenata a livello professionistico? E a livello Dilettantistico?
Partiamo dal presupposto che la componente psicologica è determinante per la prestazione di qualsiasi calciatore dunque l’allenatore deve svilupparla in maniera metodica, al pari degli aspetti tattici, tecnici e condizionali. All’atto pratico, per molti allenatori non è ancora così: si pone maggiormente l’attenzione sugli aspetti menzionati a svantaggio dell’allenamento mentale. Probabilmente la si ritiene una componente facile da allenare e ci si sente in possesso di tutti gli strumenti efficaci, salvo poi tirare fuori “la testa” per spiegare gli insuccessi.
Il tema è complesso, non si tratta semplicemente di stimolare con delle parole; il cervello è una scatola magica fantastica, studiarlo ed imparare a conoscerlo costituirà il punto di svolta per una grande crescita prestazionale dei calciatori.
Ritengo quindi fondamentale per un grande mister aprire le porte del proprio staff anche ad un bravo preparatore mentale; a livello dilettantistico, per ovvie ragioni logistiche e di costi, può non essere possibile affidarsi ad una figura di riferimento per l’allenamento mentale, ma, avendo lavorato anche coi calciatori dilettanti, i risultati di un lavoro scientifico hanno gli stessi effetti. Tutto è là dentro, nella testa del calciatore: la sua voglia di essere protagonista in quello che fa, che è sostanzialmente la cosa più bella per lui, giocare al calcio.
Concludo dicendo che, seppure in ritardo rispetto a quanto avviene all’estero, qualcosa si muove finalmente anche in Italia: tanti colleghi operano da tempo con singoli calciatori e, in casi come il sottoscritto, possono essere anche a disposizione delle società o del mister in prima persona, garantendo risultati importanti.
Spesso si rischia di fare confusione parlando di Motivatore, Psicologo dello Sport e Mental Coach: ci aiuti a fare chiarezza?
Nel panorama sportivo e nel calcio possono essere presenti queste tre figure. Cominciamo col dire che lo psicologo dello sport è un laureato in psicologia con master in psicologia sportiva, mentre il Mental Coach è una figura abilitata in seguito a frequenza di un master in Mental Training. Il motivatore è una figura che non richiede una specifica qualifica.
Ci sono diverse scuole che formano Mental Coach: oltre allo studio ritengo però necessaria una certa predisposizione ed una forte attitudine all’ascoltare ed all’entrare in sintonia con chi ti parla.
Andando più nello specifico del mio lavoro di Mental Coach, si tratta di concentrarsi sull’ottenimento della performance ottimale: attraverso tecniche di allenamento mentale il calciatore acquisisce gli strumenti necessari al raggiungimento degli obiettivi che si è prefissato, a breve, medio o lungo termine. Possiamo intendere questa figura come un acceleratore delle potenzialità: se pensiamo alla brevità della carriera di un calciatore capiamo quanto sia indispensabile trarre il massimo da ogni annata sportiva. L’idea generica che il Mental Coach dia consigli è infondata: egli piuttosto fa sì che lo sportivo prenda coscienza dello stato delle cose e venga guidato verso gli obiettivi prefissati.
Per quanto riguarda l’opera svolta dallo psicologo dello sport e dal motivatore non entro nel merito e sarebbe più opportuno rivolgersi a loro.
Quali sono le principali nozioni che un allenatore può apprendere dal lavoro di formazione svolto con Roberto Civitarese, il Mental Coach dei calciatori professionisti?
Io mi ritengo fortunato in quanto sono l’unico allenatore abilitato che ha ottenuto la certificazione dal più grande di tutti, Roberto Civitarese. Avere appreso gli strumenti e i segreti del mio mentore ha fatto sì che, negli anni successivi, ho ottenuto da allenatore notevoli miglioramenti nella gestione della squadra e nel rapporto coi singoli calciatori. Come Mental Coach seguo calciatori ed allenatori e la cosa che più mi gratifica è vedere in pochissimo tempo miglioramenti tangibili! Mister che risolvono problemi di spogliatoio e trovano continuità di rendimento per la propria squadra. Calciatori che acquisiscono consapevolezza dei propri enormi mezzi raggiungendo obiettivi determinanti per la loro carriera sportiva.
Grazie alle competenze acquisite frequentando il master sono ora in grado di sviluppare al meglio ogni dinamica con la squadra e i calciatori singoli, rendendo l’ interconnessione tra loro il vero punto di forza per portare a termine i grandi traguardi prefissati.
Il calciatore ha un potenziale dentro di sé, molto spesso inespresso per scarsa condizione mentale. In altri paesi hanno capito per tempo il grande valore aggiunto dato dalla presenza nello staff di un bravo Mental Coach. In Italia ci stiamo svegliando, siamo ancora molto indietro, questione di cultura sportiva, ma confido in un cambio di rotta che “sento” avverrà molto presto.

LUNEDI 31 OTTOBRE 2016 – NELLA “TESTA” DI OGNI ATLETA – FULL IMMERSION CON IL MENTAL COACH MORENO MARCHESINI