
Conosciamo meglio mister STEFANO ESPOSITO, Allenatore Professionista UEFA A, che dirigerà il Modulo di TECNICA E TATTICA CALCISTICA all’interno di GENIUS COACH LAB. Esposito è stato nelle ultime due stagioni Allenatore in Seconda in LEGA PRO (Tuttocuoio e Pistoiese); in precedenza ha allenato 2 anni in serie D il Giorgione dopo avere ottenuto la promozione dall’Eccellenza. Proviene da una lunga e fruttuosa gavetta nei settori giovanili: Professionistici di Padova, Cittadella e Castel San Pietro; Dilettantistici alla Fortitudo e al Progresso. E’ stato collaboratore per la rivista “Il Nuovo Calcio” e relatore in numerosi convegni fra cui lo Stage nazionale di aggiornamento AIAC di Sportilia.
Ha risposto con generosità a tre domande di GENIUS COACH ed è a disposizione di tutti gli utenti che volessero approfondire i quesiti posti, scrivendo a geniuscoach2016@gmail.com
Ci racconti la tua esperienza in Lega Pro al fianco di mister Alvini?
L’esperienza con mister Alvini è nata per caso sui banchi del Corso Uefa A a Coverciano dove ci siamo conosciuti e fin da subito “studiati”, rimanendo incuriositi reciprocamente riguardo le nostre metodiche di allenamento piuttosto diverse ma, cosa fondamentale, complementari e indirizzate verso un’idea di calcio affine. Così tre anni fa Alvini si è persuaso a chiedermi se poteva interessarmi un’esperienza da staff in Lega Pro con lui ed io ho accettato. Ho inteso questa opportunità soprattutto come sfida con me stesso: avevo la possibilità di confrontarmi con una prima squadra a livello Professionistico, conoscerne meglio le dinamiche e infine vedere se le mie competenze a livello calcistico e psicologico potevano esserne adeguate. Dopo questi 2 anni e mezzo devo dire che è stata un’esperienza davvero interessante sotto tutti i punti di vista. Per quel che riguarda il campo, ad esempio, avevo responsabilità dirette nella metodologia degli allenamenti (gestione di esercitazioni tecniche/situazionali e partite a tema, improntate ogni settimana sulla partita successiva) e nello studio, con relative proposte pratiche, dei calci piazzati a favore e contro.
Mi sono poi spesso occupato, in affiancamento all’analista, della visione delle ultime (4/5) partite degli avversari e della successiva preparazione di relazione e video da portare alla squadra. Il confronto continuo dal punto di vista tattico è stato fruttuoso e stimolante, anche perchè Alvini è un innamorato maniacale di questo aspetto e davvero vi eccelle.
Anche nel momento della partita si lavorava nei minimi dettagli, curando ogni aspetto collettivo ed individuale, sia dal punto di vista tattico che psicologico. Infine, fuori dal campo supportavo il mister nella gestione dello spogliatoio, soprattutto nei rapporti col singolo calciatore. Ripensando a questi anni credo sinceramente di essere riuscito ad entrare al meglio, e con profitto per il nostro lavoro comune, in un ruolo per me nuovo ed inedito, con meno responsabilità di quelle che sono sempre stato abituato a fronteggiare da primo allenatore ma non per questo meno interessante e fonte di crescita.
Alla luce della tua lunga esperienza nel settore giovanile, qual è il tuo giudizio sulla situazione attuale?
Sinceramente penso che il livello dei giovani che arrivano in prima squadra si è abbassato e chiaramente questo determina un fenomeno a cascata: in serie A e B arrivano i migliori ma in pochi trovano spazio quindi spesso preferiscono o sono costretti ad accettare la Lega Pro per testarsi con gli adulti da protagonisti. Solo chi dimostra di avere le qualità e la testa necessaria riesce a giocare con continuità. Purtroppo nei dilettanti vanno gli altri, soprattutto perchè necessari come fuori quota più che altro, finendo spesso per non giocare appena passano di età. Per fortuna che ogni anno succede ancora che qualcuno riesce ad emergere dai dilettanti, o per una maturazione ritardata o perchè nei Prof hanno errato le valutazioni. Diverso invece il discorso per i ragazzi africani che appaiono dal nulla ma con grandi motivazioni e a volte anche qualità spesso fisiche, riuscendo così a bruciare le tappe. Io comunque continuo ad essere dell’idea che bisognerebbe investire e credere di più nei giovani e in squadre giovani, sebbene anche se constato che la voglia di lavorare duro e soffrire è sempre più un bene raro…e senza queste qualità difficilmente si riesce ad emergere.
Quali sono le differenze principali che hai potuto vedere passando ad allenare adulti professionisti rispetto a dilettanti di eccellenza e serie D?
Innanzitutto mi sembra di poter dire, alla luce delle tante partite viste fra Lega Pro e Serie D (soprattutto Toscana, Emilia Romagna e Veneto), che il divario tra Prof e Dilettanti è aumentato: forse ha inciso la scomparsa della Lega Pro 2.
E’ quasi scontato affermare che fare il calciatore a tempo pieno determina una differenza sia a livello comportamentale che mentale. Non è detto che questo aspetto renda il lavoro dell’allenatore più facile però è chiaro che la gestione dei tempi e degli allenamenti è sicuramente migliore e questo ti permette di pretendere dai giocatori sempre il massimo in ogni momento ed aspetto. Questo fa la differenza!
Chiaro che poi ci sono altri fattori da considerare quali il diverso tasso di qualità dei giocatori o la possibilità di allenarsi in strutture adeguate. C’è una regola non scritta che vale sempre: come ti alleni si vede in campo, sia a livello di squadra sia a maggior ragione individuale. E a questo proposito faccio un’osservazione trasversale a prof e dilettanti, adulti e giovani: noto che in allenamento c’è sempre meno voglia di pensare, per assurdo parecchi giocatori preferiscono correre piuttosto che affrontare esercitazioni più impegnative a livello cognitivo. Mi farebbe piacere confrontarmi a tal proposito durante il GENIUS COACH LAB con gli allenatori e relatori che interverranno: si dice sempre che la differenza in partita la fanno le qualità tecniche e temperamentali sia individuali che collettive ma non pensate che possa essere determinante la capacità di sapere ragionare e scegliere?